La necessità di nuove e sempre più alte competenze nel campo ambientale e della sostenibilità delle produzioni industriali, stanno rafforzando le collaborazioni tra Università e imprese per migliorare le conoscenze e dare vita a progetti innovativi, che oggi riguardano sempre più l’organizzazione di “sistemi” dedicati, oltre che le tecnologie vere e proprie. I temi della transizione energetica, della trasformazione digitale e della economia circolare, vedono una realtà come l’Università di Bergamo attivamente impegnata su più fronti, tra cui spiccano l’utilizzo di idrogeno verde e lo sviluppo delle cosiddette “comunità energetiche”.
Il nostro dialogo con le aziende e il territorio sui temi energetici – ci dice il Prof. Franchini – sta diventando sempre più intenso e propositivo. Questo ci fa piacere, naturalmente. Anche se sappiamo bene che nella crescita di attenzione sta giocando un ruolo importante quanto sta dominando attualmente lo scenario geopolitico e il mercato energetico, con le evoluzioni preoccupanti che ha assunto. È altrettanto vero che da tempo il tema dell’energia, soprattutto grazie ad una sempre maggiore coscienza e conoscenza sui temi eco-ambientali, è entrato stabilmente nelle agende delle aziende, non solo le più grandi ma anche tante PMI. All’Università si chiede collaborazione e progetti, vale a dire indicare linee percorribili condivise per lo sviluppo sostenibile e la decarbonizzazione. Con i miei collaboratori e i nostri studenti mi sento “in prima fila” in questo impegno, sia come attività di ricerca che come attività didattica, in quanto titolare delle cattedre di Sistemi Energetici e Tecnologie delle energie rinnovabili. La mia esperienza di ricercatore è iniziata occupandomi di turbine alimentate a gas naturale. Progressivamente mi sono concentrato sulle energie rinnovabili, in particolare energia solare in tutte le sue applicazioni, dal classico fotovoltaico, alle novità come il “solar cooling” e il “solare termodinamico”. Attualmente con il mio
staff ci dedichiamo con grande passione a due filoni di ricerca che ritengo evidenziano bene le direzioni sulle quali sta puntando il progresso delle rinnovabili in ottica di transizione energetica: l’idrogeno verde e le comunità energetiche.

IDROGENO VERDE: UN ACCELERATORE PER LA TRANSIZIONE ENERGETICA

Questo vettore energetico rappresenta la variante “pulita” dell’idrogeno: non è presente in natura e si produce attraverso le fonti rinnovabili, a seguito del processo di elettrolisi. Con l’idrogeno verde si può produrre energia e vapore acqueo, senza generare effetti inquinanti. L’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili può davvero aiutare ad accelerare la transizione energetica dove l’elettrificazione non è possibile. L’idrogeno verde è un alleato importante nella decarbonizzazione di alcuni settori, ad esempio l’industria chimica e altre attività energivore come la siderurgia e il cemento. Secondo diversi studi, l’idrogeno verde può diventare un elemento essenziale per accelerare la transizione energetica. Ad esempio, nello scenario proposto da “Hydrogen Roadmap Europe: Un percorso sostenibile per la transizione energetica europea”, spicca il fatto che l’idrogeno verde potrebbe coprire entro il 2050 fino al 24% della domanda finale di energia e creare 5,4 milioni di posti di lavoro, oltre a contribuire alla riduzione di 560 milioni di tonnellate di CO2. Su queste basi, in Università stiamo studiando soluzioni tecnologiche e applicative che permettano all’idrogeno verde di diventare sempre più competitivo.

LE COMUNITÀ ENERGETICHE

Anche sul tema delle comunità energetiche – continua il Prof. Franchini – nella nostra Università stiamo sviluppando un intenso lavoro di ricerca e ricerca applicata. Le comunità energetiche rappresentano una forma d’azione collettiva e collaborativa per la transizione energetica. Un nucleo di realtà che scelgono di alimentare le proprie utenze con energia pulita, autoprodotta e condivisa, solare o da altre fonti “green”. Creare una comunità finalizzata all’impiego più intelligente dell’energia, permette di migliorare l’impatto ambientale dei singoli e della collettività, di ridurre i costi in bolletta, anche tramite incentivi. Persone fisiche, piccole e medie imprese, enti territoriali, amministrazioni comunali, associazioni possono unirsi e costituire una comunità energetica. Ognuno è membro o azionista. Per le imprese private la partecipazione alla comunità energetica non deve costituire l’attività principale. In questo scenario, l’autoconsumo è una delle più interessanti e valide scelte delle nuove comunità energetiche. L’energia prodotta dagli impianti della Comunità viene subito consumata dai membri; diversamente, l’energia in surplus può essere immagazzinata oppure ceduta al Gestore di rete. Come si può notare, anche per quanto riguarda le comunità energetiche ci troviamo di fronte al fatto che mentre le tecnologie sono spesso già conosciute e consolidate, diversamente l’organizzazione efficace, il “fare sistema” rappresenta una sfida nuova e con tanto ancora da indagare e mettere a regime. In questi casi “fare innovazione” significa intervenire sull’organizzazione e renderla più accessibile e razionale, più smart. Condizione nella quale la digitalizzazione offre sicuramente un grande aiuto, ma dove la componente umana, di riflessione e attuazione, resta decisiva.