Altro che computer e robot che escludono dai processi industriali le persone! Altro che conflittualità tra uomini e macchine: esattamente il contrario! Sono le persone che possono assegnare alle macchine i compiti più gravosi, ripetitivi e stressanti, funzioni che si susseguono su canoni fissi e che non prevedono ragionamenti e creatività. Le macchine sono infatti bravissime ad imparare e ricordare. Imparano dagli errori e poi si correggono; oppure basta che sia un operatore che gli indica la prima volta cosa fare e cosa non fare. Poi svolgono con assoluta dedizione il loro lavoro. Difficilmente sbagliano. E non si affaticano. Su queste basi ritengo che l’Intelligenza Artificiale possa essere un grandissimo aiuto per chi lavora. E per le aziende naturalmente. Lo è già, ma potrebbe diventarlo ancora di più. Oggi sappiamo che almeno il 30% del tempo lavorativo è utilizzato nelle filiere industriali (ma non solo in quelle, basti pensare ai settori gestionali, logistici e amministrativi…) per compiti banali e ripetitivi. Gran parte di questi compiti potrebbero essere assolti dalla tecnologia, ottimizzando sia le dinamiche interne delle aziende, sia la vita dei lavoratori. E allora, perché non si compie in modo massiccio questa evoluzione? Tutte le ragioni non le conosco, ma posso fare delle ipotesi sostenute dall’esperienza e da quello che vedo e sento nelle aziende. Sostanzialmente i “freni” al cambiamento sono due: i timori che la tecnologia prenda il completo sopravvento sull’esperienza professionale, sul controllo umano; basterebbe invece, come ho già detto, decidere quali compiti riservare alle macchine, coadiuvate dall’informatica, e quali mantenere sotto diretto controllo umano. Il secondo fattore che rallenta un’evoluzione verso fabbriche più intelligenti è la divisione ancora troppo rigida tra meccanica e scienza dei dati, tra reparti dove si produce e unità dove si fanno analisi dei dati. Proprio con Intellimech cerchiamo di sviluppare una cultura trasversale che faccia capire sempre meglio che queste barriere non possono più esistere, che il mondo dell’impresa vive sempre più di sinergie. Che non significa rinunciare alle specializzazioni, ma privilegiarle come e quando occorrono. Questa è un’evoluzione ineluttabile, che la vogliano o non la vogliano gli imprenditori. Esattamente come lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, che sarà sempre più presente in azienda. Bisogna però che sia affrontata e accolta come evoluzione positiva e non subita come un obbligo o, peggio, una condanna. Personalmente mi piacerebbe che fra 5 anni la maggior parte delle aziende, compresa quella di cui sono Presidente logicamente, siano riuscite a riconquistare quel 30% di tempo di routine per dedicarlo ad altro. Significherebbe che anche molti dei timori verso l’evoluzione tecnologica sono stati superati. Del resto la vita in simbiosi con la tecnologia è parte integrante non solo delle ore del lavoro, ma di tutta la nostra giornata. E lo sarà sempre di più. Pensiamo allo smartphone: è un dispositivo di fatto indispensabile ormai per tutti, un prolungamento della nostra voce, della nostra immagine, del nostro cervello e della nostra memoria. Possiamo farne a meno? No. Non sarebbe giusto, in quanto ci aiuta in moltissime situazioni e scenari. È potenzialmente “pericoloso”? Sì. Perché si può abusarne, fin dalla più tenera età. Ma lo strumento in sé non è né buono né cattivo. E il nostro modo di utilizzarlo e gestirlo che fa la differenza. Esattamente come per l’Intelligenza Artificiale nelle aziende. Come si può individuare e capire come applicare un buon utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nella propria impresa o realtà lavorativa? Prima di tutto dal confronto con esperienze applicative in altre imprese e contesti. E poi nell’essere attenti ai pareri e ai confronti di idee. Ecco nuovamente emergere quanto è importante il ruolo di un consorzio di aziende come Intellimech anche su un tema così attuale come il futuro dell’Intelligenza Artificiale.