Appare sempre più evidente come il nostro pianeta, la “casa” di tutti, vive da tempo una crescente criticità ambientale nella quale l’umanità è allo stesso tempo responsabile e ne subisce le conseguenze. In questo scenario la mobilità è sul banco degli accusati, ma allo stesso tempo resta fra i settori più attivi nel cercare soluzioni e mettere in campo progetti concreti per invertire la tendenza.
Tre sono i principali “megatrends” nei quali la mobilità può intervenire, e lo sta facendo, per ridurre il forte impatto che esercita sull’ambiente, circa un quarto di tutte le emissioni di gas serra: passaggio a veicoli elettrici con accumulo energetico a bordo veicolo basato su batterie elettrochimiche e/o su idrogeno; sviluppo di modelli “a servizio” (Mobility As A Service – MAAS), che puntano a trasformare l’auto da un bene di proprietà e di uso privato ad uno condiviso e di fruizione pubblica; sviluppo della tecnologia dei veicoli autonomi (partendo dal livello 3 di “conditioned autonomy” fino ad arrivare al livello 5 di “full-autonomy”).

Tre concetti, apparentemente correlati, sui quali abbiamo chiesto il parere di un qualificato “esperto”, impegnato sul duplice fronte della ricerca e dell’insegnamento universitario. Questi tre “megatrends” – ci dice il Prof. Savaresi – non sono fra loro incorrelati: ne esiste uno – la tecnologia del veicolo autonomo – che sarà il vero catalizzatore della transizione verso nuovi modelli di mobilità. Questa tecnologia renderà infatti fruibile ed economicamente conveniente l’uso del “car-sharing”. Si ipotizza dei veri e propri “robo-taxi”. Il passaggio ad una mobilità basata su auto pubbliche condivise potrà facilitare e accelerare ulteriormente la transizione verso veicoli elettrici. Il “car-sharing” attuale è infatti fortemente limitato dalla accessibilità e dalla disponibilità di veicoli condivisi. Con i veicoli autonomi è l’auto che viene dal cliente e non il cliente che deve cercare e raggiungere l’auto, ma soprattutto si attua un continua riallocazione ottimale in base alle fasce orarie ed alla zona della città. Un ulteriore vantaggio di questo tipo di mobilità si esprime con una maggiore autonomia dei veicoli e minori tempi di ricarica: una grande flotta di mezzi pubblici può essere gestita in modo smart.

Si consideri inoltre che l’auto senza guidatore non si distrae, non guida in stato di ebbrezza, ha tempi di reazione immediati. Queste macchine non saranno mai ferme nei parcheggi ma continueranno a muoversi. Ma soprattutto in giro ci sarà un decimo delle auto che vediamo oggi.” Come e quando potrà avvenire questo cambiamento epocale della mobilità? Come è noto – ricorda il Prof. Savaresi – , attualmente siamo ancora nelle primissime fasi di sviluppo della tecnologia dell’auto autonoma. È probabile che servano altri 10-15 anni per vedere veicoli con livello di autonomia elevati, acquistabili da chiunque, ed autorizzati a circolare senza limitazioni su strade pubbliche. Arrivati a quel punto, il processo evolutivo, fondamentale per l’umanità e per il pianeta, si svilupperà lungo due percorsi: da un lato la gran parte dei veicoli diventeranno “robo-taxi”, con fruizione pubblica; d’altro lato esisterà una nicchia di veicoli “emozionali”, verosimilmente di proprietà privata, nei quali si enfatizzerà il “piacere di guida”; anche questi veicoli potranno comunque beneficiare (in modo selettivo e re-interpretato) di numerose tecnologie dell’auto autonoma.

In ogni caso ritengo che solo quando si realizzerà la “mobilità a servizio” si potrà dare un impulso decisivo all’auto elettrica, che attualmente non è particolarmente adatta per l’uso privato. Perchè? Pensiamo al suo utilizzo: ogni giorno in macchina facciamo una media di 50 chilometri. Ma cerchiamo un’auto con una batteria da 500 km che non useremo mai e spesso difficile da caricare, causa carenze infrastrutturali. In pratica: solo il 20-25% delle auto private si presta veramente per essere elettrica. La rivoluzione della mobilità condivisa porterà cambiamenti epocali anche nell’assetto dell’industria dell’auto: entreranno nuovi attori, ad esempio i colossi della elettronica di consumo e dei servizi digitali. Anche gli attuali fornitori del settore automotive dovranno riconfigurarsi per integrarsi al meglio in una tecnologia di veicolo estremamente più complessa che in passato, dove l’enfasi sarà quasi tutta sulle tecnologie ICT: sistemi di controllo, algoritmi, sistemi di comunicazione, software, sensori, piattaforme di calcolo e così via. È prevedibile infine che la nuova mobilità, come è già avvenuto nel secolo scorso con i motori a combustione, modificherà globalmente anche il mondo industriale e le produzioni. Che saranno finalmente “sostenibili” fin dall’idea di partenza. È una sfida, certamente, ma non possiamo permetterci come umanità di non giocarla!