La transizione coinvolge prima di tutto formazione e risorse umane

Non solo tecnologie, ma anche competenze e saper fare. In una fase di grandi cambiamenti per l’economia e la società, con la transizione ecologica e quella digitale che, sincroniche, avanzano anche grazie al massiccio impiego di fondi pubblici, si sta ripensando anche il mondo dell’istruzione e della formazione. Considerando inoltre che la crisi climatica e quella energetica impatteranno sulle nuove generazioni e i giovani dovranno essere preparati ad affrontarle. Si è pensato quindi ad un coinvolgimento più diretto delle scuole. Dal prossimo anno scolastico in 28 istituti italiani prenderanno il via i primi licei “Ted” d’Italia, dedicati alla Transizione Ecologica e Digitale. Sono queste le premesse sulle quali si basano i contenuti dell’articolo, a firma Giacomo Talignani, pubblicato su il quotidiano La Repubblica lo scorso 24 gennaio: Guidati dall’Iss Ettore Majorana di Brindisi, i nuovi licei per il 2022/2023 lanceranno una proposta formativa tutta incentrata sulla sfida della salvaguardia del Pianeta: in classe si studieranno i cambiamenti climatici, l’inquinamento ambientale, le energie rinnovabili, l’uso del digitale e molto altro ancora, in un percorso di formazione che vedrà coinvolti prima gli insegnanti e poi direttamente gli studenti a partire dal prossimo anno.
Durante il quadriennio l’obiettivo sarà quello di preparare gli studenti a un nuovo futuro sostenibile e digitale, stimolando i giovani alla consapevolezza dei temi ambientali, ecologici ed energetici, cercando di aumentare ancor di più anche la partecipazione femminile nelle materie STEM (science, technology, engineering and mathematics). Come viene sottolineato sempre nell’articolo, le basi del percorso quadriennale saranno le discipline STEM e il focus sulla Transizione Ecologica e Digitale, con l’obiettivo di creare anche “cittadini consapevoli di questi temi”. All’interno del percorso saranno previste didattiche digitali con la connessione di più classi di scuole diverse, il coinvolgimento di diversi professionisti e la possibilità di workshop e bootcamp in collaborazione con le aziende. Gli studenti verranno preparati su queste materie in vista di un mondo dove si stima che l’80% dei lavori futuri richiederà competenze STEM ed entro il 2025 la richiesta di occupati in ambito green raggiungerà quota 2,4 milioni, ricordando che già oggi il 96% delle aziende italiane è attiva nella ricerca di profili in ambito digital.

La doppia transizione, eco e digitale, intensifica la ricerca a nuovi professionisti capaci di integrare le competenze. Per le aziende, ma anche per i singoli lavoratori, c’è la necessità di riposizionarsi alla luce dei nuovi bisogni del mercato per accrescere o quanto meno difendere l’attuale competitività. Dedica attenzione al tema il magazine Affari&Finanza, con un articolo a firma di Luigi Dall’Olio pubblicato lo scorso 7 febbraio: I numeri raccontano fino a un certo punto quello che sta accadendo nell’economia e nella società, entrambe attraversate da una doppia transizione epocale, verso un modello di sviluppo più sostenibile di quello che ha caratterizzato negli ultimi decenni e dominato dalle tecnologie digitali. I due ambiti si intersecano e si condizionano, dato che le nuove tecnologie sono la via maestra per abbattere le emissioni inquinanti in una molteplicità di settori, dai trasporti all’immobiliare, fino all’industria, oltre che per migliorare l’accesso ai servizi essenziali, contrastare il traffico, ottimizzare l’allocazione delle risorse naturali (in particolare quelle disponibili in quantità limitate) e collegare tra loro persone che si trovano fisicamente distanti. L’integrazione tra i due ambiti è la strada maestra della crescita secondo l’Ue, che nella Nuova Strategia industriale per l’Europa sottolinea come la trasformazione digitale consenta di migliorare la competitività economica delle imprese, rendendo al contempo possibile raggiungere gli obiettivi di sostenibilità. Come evidenziato nell’articolo non solo le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa cambiano, ma anche i contenuti. La doppia transizione, infatti, richiede anche figure professionali che fino a qualche anno fa non esistevano o erano chiamate a svolgere funzioni molto diverse dalle esigenze attuali.