Dallo scorso mese di novembre Sergio Cavalieri è il nuovo rettore dell’Università di Bergamo. Professore ordinario di Operations Management alla Scuola di Ingegneria della stessa università, ha stabilito da lungo tempo un dialogo anche con lo staff di ricerca Intellimech, dal quale è emerso non solo la sua grande competenza professionale, ma anche l’umanità e la cordialità con la quale questo dialogo si è sviluppato. Lo stesso si può dire per il comitato di redazione di Smart News, con il quale in diverse occasioni il Prof. Cavalieri ha fornito indicazioni e pareri pubblicati poi in nostri articoli. Vederlo ora nel prestigioso incarico di Rettore ci fa quindi molto piacere, soprattutto perché siamo convinti che saprà fare “un gran lavoro” ai vertici dell’Ateneo. Il suo insediamento è coinciso con un momento storico generale di grande complessità, dove il faticoso scenario imposto dalla pandemia Covid è stato repentinamente sostituito da problematiche geopolitiche forse ancora più drammatiche. Situazioni che si intrecciano alle dinamiche economiche europee e quelle nazionali, fra cui spiccano i programmi per l’impiego dei fondi derivanti dal PNRR. Proprio su questo fondamentale elemento del prossimo futuro, gli domandiamo:

Come vede la gestione dei fondi PNRR in termini “universitari”?
I fondi dovranno essere usati soprattutto in progetti di collaborazione con altre università, attori del mondo associativo, culturale ed economico. Bisogna fare massa critica e uscire dai campanilismi. L’Università di Bergamo ha già avuto esperienze positive di questo tipo in ambito universitario e nei rapporti con il mondo associativo. Consolidare accordi collaborativi comunque non è facile e richiede tempo. Bisogna trovare un accordo chiaro e solido tra partner, per mettere a fattor comune gli obiettivi dei singoli portatori di interesse, evitando quindi possibili conflittualità. La trasparenza, l’umiltà, il trust reciproco sono i valori fondanti di un partenariato pubblico-privato, oserei dire “l’etica del fare”, è una condizione primaria e imprescindibile.

Ora l’Università di Bergamo ha un rettore che proviene da “Ingegneria”. Significa che saranno intensificati progetti e programmi di carattere tecno-umanistico?
Il tema dell’Umanesimo tecnologico è da tempo parte integrante del nostro lavoro universitario e sta sempre più caratterizzando il dialogo tra i singoli dipartimenti. Lo si può notare nei
programmi, come nelle attività cross-curriculari, solo per fare alcuni esempi. Del resto, la postmodernità costringe a misurarsi con la complessità di molti dei processi di cambiamento in corso. Complessità vuol dire disponibilità a pensare e ad agire secondo una logica in cui l’interconnessione fra sistemi diventa paradigma dominante, attraverso il quale interpretare molte delle trasformazioni in atto. Lo stesso termine “umanesimo” rimanda a una articolazione di approcci e di ricerche che oggi possiamo tranquillamente definire “trasversali” a tutti i corsi di studi. Compito dell’università, soprattutto in questo momento storico, è quello di fornire agli studenti modelli e strumenti utili per interpretare, prevedere e gestire fenomeni complessi all’interno di un quadro evolutivo ad elevata variabilità e imprevedibilità.

Tra i focus principali del suo lavoro per il prossimo futuro cosa colloca?
Come ho sottolineato quando sono stato intervistato dai media nel momento della mia nomina, è prioritario aprire i nostri campus universitari non solo agli studenti ma all’intera cittadinanza; i nostri spazi devono diventare luoghi di relazione e aggregazione sociale e culturale. È questo un obiettivo che richiederà sforzi gestionali e organizzativi non da poco. Naturalmente ciò deve avvenire anche sviluppando l’attrattività interna, in una logica di campus veramente tale. Dopo due anni molto difficili causa Covid, è fondamentale che gli studenti tornino a vivere al 100% l’università. L’altro punto per me prioritario risiede nella capacità di dotarsi di processi organizzativi e gestionali interni agili ed efficienti. Rappresenta inoltre un vantaggio per docenti che oggi sono gravati da troppe attività burocratiche mentre dovrebbero usare principalmente il loro tempo per dedicarsi alla ricerca e alla formazione. Un’università cresciuta molto come la nostra deve fare questo passo e spero nei prossimi sei anni di riuscire anche in questo obiettivo.

E il rapporto con le aziende e le istituzioni che le rappresentano?
L’importante lavoro di consolidamento delle relazioni collaborative effettuato dall’università in questi ultimi anni, anche nei momenti più problematici della pandemia, ci pone in una posizione privilegiata per guardare con fiducia a sviluppi futuri. Cito a questo proposito, e non a caso, il dialogo costruttivo con le associazioni territoriali rappresentative del mondo economico, industriale e del terzo settore, la collaborazione sin dalla prima ora con Intellimech, di cui possiamo ben dire che UNIBG abbia svolto un ruolo pioneristico partecipando ai primi progetti di ricerca e trasferimento tecnologico. Il nostro impegno come Università di Bergamo, e il mio come Rettore, è quello di puntare sempre più sulla concretezza dei progetti comuni e la chiarezza degli obiettivi, realisticamente ottenibili. Lo scopo primario è quello di offrire nuove opportunità tanto ai giovani quanto al mercato del lavoro territoriale. Possiamo e dobbiamo coinvolgere nelle aziende i talenti che l’università fa emergere e che devono trovare dei validi sbocchi professionali qui da noi. Lavoriamo insieme per non lasciarci sfuggire questo patrimonio straordinario che rappresenta il futuro sia dell’impresa che della società civile.