Se ne parlava da tempo come una delle evoluzioni più importanti nel campo del lavoro, anche se stentava il passaggio dalle parole ai fatti: causa l’emergenza coronavirus lo smart working è tornato in modo rapidissimo alla ribalta, fino a diventare uno dei maggiori protagonisti sia della fase di emergenza, accelerando in misura straordinaria la sua applicazione in diversi contesti professionali e aziendali. Per tante persone, lavoratrici e lavoratori, si è trattato di un cambiamento tanto veloce quanto significativo. Se è vero infatti che stare a casa permette di avere una maggiore libertà in termini di orari e di poter gestire anche le necessità familiari, è altrettanto vero che lo smart working apre numerosi aspetti di riflessione. Elementi che sollecitano tanto alle aziende come ai dipendenti di mettere ordine in uno scenario articolato e ad oggi assai composito.
Il primo aspetto da considerare è tecnologico, vale a dire porre il lavoratore nelle condizioni ottimali per lavorare da casa; questo significa offrire ottimali capacità di connessione alle reti Tlc, connettività che a sua volta deve essere adeguatamente supportata da hardware e software. Durante l’emergenza si sono evidenziati in tal senso diversi problemi, fra cui il maggiore la disparità di dotazioni in famiglia, alle quali si sono aggiunte difficoltà di dialogo fra sistemi, tali da creare anche dei “colli di bottiglia” (o addirittura dei ”tappi”) nei flussi comunicativi. Le reti Tlc italiane, in fibra e mobili, “hanno tenuto”, pur gravate di carichi che hanno superato in vari momenti più del 300% di carico/scarico dati. Si è giunti vicini a picchi limite, che anch’essi andranno prevenuti, tanto è vero che tutti i principali gestori di rete sono già al lavoro con grande intensità per implementare le capacità e raggiungere anche aree territoriali soggette a digital divide.
Anche a livello governativo è stato ribadito il concetto della “priorità assoluta e strategica” di dotare il Paese di reti Tlc sempre più efficienti e affidabili, siano esse fisse con fibra in banda ultralarga, oppure con modalità mobile 5G. Sempre su questo fronte, si dovrà anche prendere in esame e stabilire dei regimi tariffari adeguati per la connettività e la navigazione in rete, vale a dire sincronici allo sviluppo dello smart working e coerenti a questa fase di rilancio dell’economia e del lavoro che punta moltissimo sull’on line.
Il problema più urgente e difficoltoso appare però quello che investe singolarmente le aziende e gli utenti. Configurare modalità smart working ben organizzate, che passino dalla fase di emergenza alla continuità operativa, richiede infatti un piano specifico dove i singoli elementi si intersecano e collimano bene, come un puzzle. Dotazione tecnologica a casa certamente, ma anche formazione del personale e istruzione alla gestione casalinga dell’attività. Così come non trascurabili sono i temi della cyber security e della archiviazione/trasmissione di dati sensibili. Siamo solo alla prima parte di un elenco di argomenti che certamente domineranno la scena del prossimo futuro nel campo del lavoro. Basti pensare al benessere del lavoratore, inteso come capacità di gestire bene sia le ore di lavoro a casa sia una condizione che può essere decisamente differente nei comportamenti.
Non è casuale che il problema più stingente a livello di salute e benessere per chi lavora da casa è una tendenza ad ingrassare e non porre più barriere fra ore di lavoro e ora di relax. Un doppio rischio: cedere all’indolenza o, al contrario, un continuo e troppo pronunciato stress. Esattamente come nel caso dell’azienda, il lavoratore deve sapersi organizzare e seguire un proprio piano d’azione. Anche su questo tema si può cominciare da alcuni consigli e regole di comportamento che possono apparire banali, ma invece costituiscono le basi essenziali di fare smart working con un’attenzione al proprio benessere.